Wednesday, January 20, 2010

il punto in cui ci siamo inabissati




A volte vorrei scomparire.
Altre volte sogno di possedere una barchetta fatta col guscio di una noce. E di vivere lì. lo sogno fin da piccola.
Se non si vivono più di ventiquattro ore al giorno, lo scorrere del tempo cessa di esistere, e con esso quella idea di morte che ci accompagna quando consideriamo la vita come l'avanzare di una storia che non si conclude col giorno che finisce. C'è in tutte le storie, o in tutte le storie fatte male, un presagio di non fine. Ma la continuazione della fine di una storia, se una fine della storia esistesse, sarebbe la storia di un declino, il declino dell'eroe, e questo declino, una nuova storia.
Solo lì dove il giorno è fermo, nell'arco teso tra l'alba e il tramonto, non c'è storia: solo in quella curva di noce che fende il mare l'istante della fine non è diverso dagli altri, e ogni istante è la fine. Il blu della notte si posa sul volto del giorno, che trema da ore. Ma senza la rabbia abbattuta di chi teme il dolore, o la gelosia feroce dei confini del corpo.

1 comment:

renton said...

Che poi e' come dire che la fine inizia all'inizio, ma forse suonerebbe pessimistico. E il pessimismo non vende, oggi. Oggi le cose sono fatte per durare per sempre sempre.