Saturday, March 20, 2010

Incontro con la Storia

Stavo tornando a casa poco fa. La nuova casa, senza dare informazioni più dettagliate di così, si trova molto, molto vicino, al luogo dove il Capo dei Capi ha fatto questo pomeriggio il suo ultimo comizio. Purtroppo ho mancato l'occasione di vederlo dal vivo, per la troppa folla accalcatasi in piazza. Forse solo una vaga immagine, di sfuggita sul maxischermo, mentre piovevano, addosso a lui e ai suoi, macroscopici coriandoli bianchi, simbolo di una ritrovata purezza di cuore e di mente, in questo carnevale quaresimale preelettorale che ha preceduto d'un soffio l'ingresso ufficiale nella primavera. Dico la verità, avrei voluto vederLo e sentirLo meglio. Giunti a questo punto della storia, la curiosità prevale sul disgusto. Ma ho fatto in tempo a ricevere da Lui solo un bacio di congedo da vecchio zio di secondo grado. Di quelli che vedi una volta l'anno e, quando hai meno di diciotto anni, ti allungano un pezzo da cinquantamila lire di soppiatto. Mi chiedo come mai Lui abbia voluto a tal punto deviare da questo ruolo, nel quale l'avrei visto più che bene. Sarebbe stato Lo Zio più Munifico d'Italia. Altro che cinquantamila lire a nipote.
Comunque ho mentito. Non è vero che ormai la mia curiosità prevale sul disgusto. Trovandomi in mezzo a quella folla e avendo letto sulla T-shirt di un passante una frase come "Meglio chiavatore un giorno che Luxuria una vita", non ho potuto che provarlo, e con rinnovata veemenza, quel mio caro, vecchio disgusto di sempre, amabile compagno di tutti i salotti televisivi su cui ho puntato lo sguardo negli ultimi anni. Non sapevo che fare, camminavo controcorrente per cercare di raggiungere casa, ma non mi sembrava un gesto abbastanza controcorrente, vista la piazza e le strade circostanti piene in modo imparagonabile rispetto a quelle viste nel corso delle più recenti manifestazioni sinistrorse. Avevo una sciarpa arancione che non mi sembrava abbastanza rappresentativa del mio dissenso. Ho rimpianto, in quel momento, di aver regalato la mia kefiah rossa del liceo, ormai dismessa da anni, al mio fratellino. Mi riecheggiava nella testa l'epico (per me, allora) "Seems like yesterday we were sixteen/We were the rebels of the rebel scene" dei Cranberries, sarei voluta tornare indietro ai tempi in cui lo canticchiavo perfettamente calata nella parte. Poi ho incrociato due giovanissimi manifestanti con la kefiah glamour di tutti i colori e gli scacchi grossi che va tanto di moda adesso e non ho potuto più neanche rimpiangere di non avere la mia. Per quel che sarebbe valsa, in questo caos primigenio, lontano dagli occhi di Atena e d'un qualunque altro Dio. In extremis ho pensato che avrei potuto lanciare occhiate estremamente sprezzanti a tutti i volti e i corpi sbandieranti in cui mi imbattevo. Praticamente, visto l'afflusso di gente, dovevo tenere tutto il tempo i muscoli del viso contratti in una smorfia acrobatica tra il rimprovero e il conato di vomito, un disgusto severo, di quelli che annichiliscono un esaminando tentennante. Non è stato difficile, visto che il glorioso "Meno male che..." veniva ripetuto ad libitum senza sfumare nei toni, senza lasciar presagire alcuna fine, leggibile e imperante com'era financo attraverso il labiale dei nutriti gruppi di ultrà convenuti per l'evento da tutta Italia. Poi un tizio con la faccetta e la camicetta nera mi ha messo una mano sulla spalla e mi ha dato una pacca, a un certo punto. Mi guardava con un po' di preoccupazione. Sei stanca, eh? mi ha chiesto, con la faccia furba di chi si compiace di aver indovinato tutto. Ho provato a mantenere quel mio studiatissimo sguardo fulminante, ma poi ho scosso mestamente il capo e mi sono diretta più decisamente a casa, badando a urtare volontariamente chiunque mi passasse a tiro ma facendo finta di far per sbaglio, in quella fretta confusa e realissima, carica d'onta per la battaglia perduta. Dovevo sembrare autistica.

Monday, March 08, 2010

Felicità raggiunta, si cammina





"Nella taverna non c'è tanta gioia, quanta ce n'è sulla strada che ad essa porta".

Sunday, March 07, 2010

We will meet again

non so quando, non so dove, in un giorno di sole. sotto la muraglia che copre la stazione dei carabinieri, in una notte. in un'isola con un grande penitenziario dalla quale non si esce mai vivi. come ventotene ad esempio, o come SHUTTER ISLAND. i miei AMABILI RESTI ancora a galla, il cibo che mi hai donato divenuto carne, divenuta tempo. tempo di nascere, tempo di morire, tempo di piantagioni e di semina per la mia ANIMA INVINCIBILE. (o invitta, ma non sono nelson mandela, non sono clint eastwood). tempo di stagioni. tempo di cambio di stagione. qualche precipitazione in eccesso. qualche anno in eccesso. strade poco battute.




"La carne è triste, ahimé! E ho letto tutti i libri"


(S. Mallarmé)

domenica, mare, ritorno, dolore, nostalgia, navi, salpare

Tuesday, March 02, 2010

Non una maledizione per le vecchie scene, i vecchi volti



"Spiritualmente un anno di profondo squallore e indigenza fino a quella memorabile notte di marzo, in fondo al molo, nel vento che urlava, non la scorderò mai, quando tutto mi è stato chiaro.
La visione, finalmente".