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Tuesday, March 06, 2007

4?

K.S. fa un sogno.
Quando le serrande sono abbassate da tempo e gli occhi serrati contro il cuscino, sogna v. su un marciapiede di periferia, in piedi sulla sponda opposta della strada.
V. è un agnellino bianco col volto rosa cartonato e trema così forte da far perdere alla sua figura il nitore dei contorni.
K.S. non è più lontana di 3 o 4 metri, eppure gli sembra che esso scomparirà da un momento all’altro se smette di guardarlo.
Catapultata dunque sul ciglio della strada per alimentare la fiammella d’una candela giunta in fondo alla stoppa.
Si agita la luce ossea della cera, il manto di lana si adombra.
Vacillare ottico bianco sporco in completa aritmia.
Il suo sguardo occhi negli occhi sembra d’un tratto dare ossigeno alla creatura morente. Continua a guardarlo. Non può fare altro che guardarlo sempre più intensamente.
Il suo sguardo occhi negli occhi disegna sull’asfalto una immaginaria linea della vita.
La strada è allora il palmo di una mano.
L’agnellino si assenta ogni tanto per piangere, e K.S. è costretta a spalancare le palpebre per richiamarlo all’ordine.
Ma forse invece dovrebbe prenderlo su di sé, e fare qualcosa immediatamente.
Prova quindi ad avvicinarsi, ad abbracciare quella sofferenza di carta. La linea si accorcia.
V. è sulla sua mano. Dovrà fare attenzione a non chiuderla troppo forte, d’ora in poi.
Insieme percorreranno il sentiero che conduce a una fiera fatta di grossi tendoni da circo. I tendoni sono a righe bianche e rosse o bianche e blu o bianche e verdi e stanno piantati nel fango.
Seguiranno un corteo in discesa, festante come a processione finita. Col vago intento di volteggiare tra i fiori e l’acqua lanciati per strada, giungeranno in pianura. Staranno a guardare un gruppo d’uomini dipingere tele per strada come nelle piazze turistiche o davanti ai grandi panorami o nei mercati, fino a quando non calerà la sera e poi la notte, e sarà buio e farà freddo, e le gambe finiranno per rabbrividire sotto la luce lunare.
Due gambe nude sussultano infatti adesso sotto il fascio bluastro dei raggi. Discendendo allegramente il sentiero circense hanno disertato le lenzuola.

K.S. apre gli occhi.











*



K.S. apre gli occhi.

E' ancora molto presto, troppo presto. Sfiora il pavimento con un dito. Retrocede. Indietro, supina, a ricercare la coperta. Anche due piedi guardinghi e scalzi possono spezzare il silenzio delle mattonelle della cucina, di notte. E' meglio, molto meglio non svegliare nessuno. Far finta di dormire, di non esistere, di non essere mai stati lì, niente rumori e niente tracce, anche se la notte è la prima sia a nascondere che a rivelare.
Il cielo di fine inverno infatti trattiene ancora la luce tutta per sé, si spinge poco verso il mondo, lascia giocare tranquillamente i ladri d'appartamento con la propria ombra sulle pareti oltremare. Muti come pesci ingrassano e dimagriscono mentre nuotano intorno alla luna di vetro. Pare dunque che la notte col suo silenzio acqua nell'acqua non li tradisca mai, e invece una goccia traditrice cade di tanto in tanto dal rubinetto, si posa di peso sulla lastra del lavandino, rompe l'incanto sottraendo al buio un po' del suo anonimato.
Dobbiamo lottare contro l'udito, allora, di notte, pensa K.S.
Non provare più a scendere dal letto.
Non pensare più a muoversi.
Rimettersi tra le coperte piano, respirare per sbaglio.
Non pensare più di muoversi più di così.
Rimettersi le mani tra le gambe e i piedi uno sull'altro.
Non pensare più fino a domani.
Non pensare più per non muoversi.
Non avere più alcun motivo per muoversi.
Anche se molte cose si muovono irrimediabilmente senza pensare.
Di notte, ho paura di pisciare.

Wednesday, February 28, 2007

Sunday, February 18, 2007

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Tuesday, February 13, 2007

Tuesday, February 06, 2007